Affollatissimo e sempre più mondano, il Merano Wine Festival è un appuntamento quasi immancabile, tanto da spingere i presenzialisti del vino a fornire giustificazioni in caso di assenza. Sì perché oltre alla solita parata di meraviglie enologiche, con tante e diverse rarità estere in un paese ancora così protezionista come l’Italia, dentro le sale del Kurhaus si ritrovano i volti più noti del mondo del vino.
L’atmosfera è assolutamente glamour, e le relazioni sociali sono intense e impegnative quasi quanto gli assaggi dei vini. L’oggetto più indispensabile, oltre al calice, è infatti lo smartphone. Non solo per fotografare le etichette dei vini degustati, sistema che trovo indispensabile per mettere ordine tra i ricordi, ma anche per farsi un selfie con il produttore di grido, ovviamente dopo aver immortalato le varie fasi di affollamento della sala Kursaal.
La sensazione che si prova alla campanella di chiusura è sempre quella di essersi fatti sfuggire qualcosa, e si rosica tantissimo, ma non è umanamente possibile chiudere il cerchio, perché qualche rimpianto rimane sempre. Così mi limito a descrivere i coupe de coeur di quest’anno. Perché emozionarsi è più che trovare buono un vino, anzi spesso si tratta di un vino che smuove le tue certezze, rivelando aspetti del tuo stesso gusto che neppure conoscevi.
DUEMANI. Dalla Costa Toscana con amore, entrambi intensi e memorabili. Il Suisassi è un Syrah fatto di spezie orientali e frutto vivissimo. Duemani incanta invece per il volto possibile di un Cabernet Franc totalmente mediterraneo. Profondo e balsamico, ha il profumo di una passeggiata in una pineta poco distante dal mare. Biodinamici con certificazione Demeter.
NICK WEIS. Il primo amore non si scorda mai. Il Riesling è la mia grande passione, e questo piccolo produttore in riva alla Mosella mi ha colpito per la freschezza citrina dei suoi vini, così tesi e nitidi. Godibilissimi ora, ma già proiettati in un radioso futuro di sorprendenti evoluzioni.
SALCHETO. Ecco qui un’altra mia vecchia fiamma, il Sangiovese della zona di Montepulciano, da queste parti chiamato Prugnolo Gentile. Cantina ormai di culto, fautrice di un approccio naturale a oltranza, tanto da non utilizzare l’energia elettrica in cantina. Ma il loro Salco risplende di luce propria. Prugna, tabacco e caffè, in un sorso gustoso trafitto da tannino dolcissimo.
CAIAROSSA. Maledetti toscani sì, ancora una volta mi rubano il cuore. Ancora una volta approccio biodinamico. Mi ha colpito l’unicità di questi vini nella verticale d’assaggio. Così diversi nell’immortalare ciascuna annata, espressivi e di carattere, mi hanno fatto venir voglia, insieme a Duemani, di comprare casa a Riparbella.
DOMAINE DE LA BORDE. Questa volta, come molte altre, maledetti francesi. Unico e affascinante questo Vin Jaune, in una successione fatale di sensazioni iodate, uva passa, nocciola e mandorle tostate, arancia e curcuma. Con le sue seducenti sensazioni ossidative lo immagino abbinato a un piatto di formaggi, altra cosa che amo da sempre, senza essere corrisposta.